Breve storia del femminismo – dal 1700 ad oggi
- Marta Regattin
- 4 mag 2020
- Tempo di lettura: 10 min
Aggiornamento: 12 feb 2021
Chi sono le prime femministe? Come e quando le donne hanno preso coscienza della loro condizione di emarginazione ed alienazione nella società? Il femminismo è un movimento monolitico o plurale? In questa (più) breve (possibile) storia del femminismo e dei movimenti femministi cerco di rispondere a queste domande! Buona lettura.
Introduzione
Il concetto di femminismo, o meglio il termine “femminismo” è stato utilizzato per la prima volta nel 1837 dal francese Charles Fourier, che teorizzò un nuovo ordine mondiale basato sulla parità tra uomini e donne e il lavoro cooperativo, ma già dal 1700 in diverse parti del mondo le donne avevano cominciato a riflettere sulla loro condizione di disuguaglianza e subordinazione rispetto all’uomo. Il femminismo non è un movimento monolitico e si articola in numerose correnti, tuttavia è considerato uno dei movimenti più importanti del nostro tempo poiché fin dalla nascita le sue idee e i suoi obiettivi hanno continuato a evolversi e a plasmare la società.
Il protofemminismo (1700-1830)
Il femminismo viene diviso dai sociologi in quattro grandi periodi, chiamati “ondate”. Seppur questa divisione risulta utile nel comprendere l’evoluzione del movimento, bisogna tener presente che il femminismo è un movimento in costante evoluzione con un ampio spettro di obiettivi. Il periodo antecedente la cosiddetta “prima ondata femminista” è chiamato da alcuni studiosi “protofemminismo”: comincia all’inizio del Settecento e si conclude intorno agli anni Trenta dell’Ottocento. Figura chiave di questo periodo, che nel 1792 pubblicò Rivendicazione dei diritti della donna, è Mary Wollstonecraft, considerata la prima femminista moderna e madre dell’autrice di Frankenstein Mary Shelley. Un punto di svolta decisivo per le prime femministe fu l’avvento dell’Illuminismo, e in particolare il periodo delle rivoluzioni francese e americana, a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo: le donne riuscirono ad attirare l’attenzione sulle ingiustizie subite tramite campagne, pubblicazioni e proteste in piazza in cui chiedevano di essere incluse nei nuovi diritti, che molti filosofi illuministi non consideravano rivolti alle donne: il 5 ottobre 1789 le femministe organizzarono una marcia sul palazzo di Versailles, la corte di Luigi XVI, alla quale parteciparono migliaia di donne lavoratrici protestando contro la scarsità e l’aumento del prezzo del pane e ottenendo il trasferimento della corte, che non avrebbe più fatto ritorno a Versailles, a Parigi.

La marcia delle donne a Versailles nel 1789
La prima ondata (1840-1945)
Le femministe di questo periodo, soprattutto donne istruite, bianche e di classe media, concentrano le loro lotte sul diritto al voto, l’accesso all’istruzione e pari diritti all’interno del matrimonio
La prima ondata si concentra geograficamente negli Stati Uniti e in Europa, e si estende per circa un secolo, dagli anni Quaranta dell’Ottocento fino alla Seconda guerra mondiale. Le femministe di questo periodo, soprattutto donne istruite, bianche e di classe media, concentrano le loro lotte sul diritto al voto, l’accesso all’istruzione e pari diritti all’interno del matrimonio.
Rispetto al diritto di voto, le lotte più significative che ispirarono gli altri movimenti furono quelle portate avanti dalle suffragiste e in seguito dalle suffragette rispettivamente negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. Verso la metà dell’Ottocento le donne americane cominciarono a mobilitarsi in modo significativo per l’estensione del diritto di voto alle donne, formando nel 1890 la National American Woman Association. Le organizzazioni suffragiste americane erano guidate da donne istruite appartenenti all’élite, ed escludevano le donne lavoratrici, portando avanti una protesta pacifica. All’inizio del XX secolo anche le donne britanniche cominciarono a mobilitarsi per il diritto di voto, ma si distinsero dalle americane per le strategie di protesta militante e violenta che portarono avanti con azioni di disobbedienza civile e talvolta di terrorismo. Le suffragette fecero molto scalpore e spesso vennero arrestate e subirono violenze da parte della polizia. Lo scoppio della Prima guerra mondiale fu centrale nel cambiamento di strategia del movimento, che “usò l’emergenza bellica per dimostrare che le donne potevano fornire alla società lo stesso contributo degli uomini” (MANGAN 2019), ottenendo così il diritto di voto nel 1918, che era però limitato alle donne maggiori di trent’anni e titolari di una proprietà. Le americane avrebbero ottenuto il diritto di voto federale solo nel 1920.

Le suffraggette arrestate spesso cominciavano in carcere lo sciopero della fame: in questo manifesto dell'epoca è ritratta la barbara pratica dell'alimentazione forzata a cui erano costrette.
La seconda ondata (1945-1980)
Il contributo più significativo ai fondamenti teorici delle femministe della seconda ondata fu quello di Simone de Beauvoir.
Le idee che si svilupparono negli anni postbellici ebbero un forte impatto sul femminismo degli anni Sessanta e Ottanta: il contributo più significativo ai fondamenti teorici delle femministe della seconda ondata fu quello di Simone de Beauvoir, che nel 1949 pubblicò un libro rivoluzionario, Il secondo sesso. Con una profondità senza precedenti, la filosofa indagò sulle esperienze di vita delle donne, su cosa significasse essere donna e cercò di rintracciare le ragioni della subordinazione, arrivando alle conclusioni che la femminilità è un costrutto sociale o culturale storicamente determinato, che i valori maschili sono sempre stati quelli dominanti e non esiste alcun destino biologico, psicologico ed economico della donna. L’autrice sostenne che tutte le donne avrebbero dovuto riconoscere la matrice sociale della femminilità e combatterla. “Il valore attribuito da de Beauvoir all’esperienza personale delle donne fu un concetto significativo per l’evoluzione del pensiero femminista, e […] ispirò la spinta all’autocoscienza e alla sorellanza: le donne dovevano considerarsi una classe sociale e, per raggiungere la liberazione, dovevano identificare le esperienze condivise, rintracciandovi le cause dell’oppressione.” (MANGAN 2019)

La scrittrice e filosofa femminista Simone de Beauvoir
La seconda ondata coincide con la nascita del Movimento di Liberazione della Donna e l’inizio delle lotte in nuovi ambiti in cui si manifestava l’oppressione femminile
La seconda ondata, che ha inizio alla fine della Seconda guerra mondiale e si protrae fino alla fine degli anni Ottanta del Novecento, coincide con la nascita del Movimento di Liberazione della Donna e l’inizio delle lotte in nuovi ambiti in cui si manifestava l’oppressione femminile, come il controllo sul proprio corpo, la violenza domestica, il posto di lavoro e la sessualità. In questo periodo il movimento si articola in varie correnti che individuano percorsi diversi per la liberazione della donna e dunque si concentrano su lotte diverse.
Alcune femministe, eredi delle idee del marxismo-femminismo di fine Ottocento (ovvero appartenenti alle correnti marxista e socialista), continuano ad individuare nel patriarcato e nella famiglia nucleare la causa principale dell’oppressione femminile, e si concentrano sulla definizione del lavoro domestico. Esse ritenevano che il sistema patriarcale svalutasse sistematicamente ed in maniera sostanziale il lavoro femminile, e concentrano le loro lotte su un cambiamento di grande portata che colpisse la società nel suo insieme. Esse lavorano non solo a fianco degli uomini, ma anche di diverse minoranze in quanto ritenevano l'oppressione delle donne parte di un sistema di oppressione più vasto. Similmente, le femministe radicali ritenevano che la liberazione della donna fosse possibile solo con il superamento del sistema patriarcale intrinsecamente opprimente e dominante: non vedevano alternative tranne la totale ricostruzione sociale per poter raggiungere i propri obiettivi. Infine, continuando il lavoro delle femministe della prima ondata, le femministe liberali lottano per affermare l'uguaglianza tra uomini e donne attraverso la riforma politica e legislativa, si battono per la parità dei diritti come una retribuzione equa tra i sessi, contro la discriminazione nel mondo del lavoro, per i diritti riproduttivi e il libero accesso all'aborto, per il controllo della salute e un accesso più facile all’assistenza sanitaria, contro la pornografia e in generale contro la violenza di genere.

Negli anni Ottanta questa ondata è ormai indebolita dall’affermazione del neoliberismo economico e dall’intervento delle Nazioni Unite nelle politiche femministe, ma si assiste alla nascita del femminismo anticoloniale, postcoloniale e del femminismo nero: viene coniato il concetto di intersezionalità, concetto che si afferma anche nei paesi in via di sviluppo, e che si riferisce “alle barriere multiple che una donna di colore deve affrontare, spesso ignorate dal femminismo dominato da donne bianche e di classe media.” (MANGAN 2019)
La terza ondata (1980-2010)
I media coniano il termine “postfemminismo” per indicare che la lotta femminista era qualcosa di superato
Alcuni sociologi dividono il periodo che va dagli anni Novanta fino ad oggi in due ondate, la terza e la quarta, anche se il movimento da allora non ha mai smesso di evolversi. Già dalla fine degli anni Ottanta si assiste ad una forte reazione antifemminista e i media coniano il termine “postfemminismo” per indicare che la lotta femminista era qualcosa di superato: si diffonde l’idea che l’uguaglianza tra i sessi nell’istruzione e nel mondo del lavoro sia qualcosa di già pienamente acquisito e che le nuove lotte delle donne abbiano come scopo l’emarginazione degli uomini. In ogni caso molte femministe non credono che l’equità sia stata raggiunta, e hanno altri obiettivi in agenda: il movimento femminista deve far fronte alle nuove ingiustizie emerse con la diffusione della filosofia di destra del neoliberismo, affermatosi con l’elezione di Margareth Thatcher e Ronald Reagan negli anni Ottanta in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, sostenitori del conservatorismo e del capitalismo di libero mercato. “La tendenza al conservatorismo aveva dato a molte donne – specialmente a coloro che non erano bianche o di classe media – numerosi motivi per protestare […].” (MANGAN 2019)
Se il motto della seconda ondata era “la sorellanza è potente”, le femministe della terza si chiedono quali donne siano davvero incluse nella “sorellanza”
La terza ondata riconosce che sessismo, classismo, razzismo e omofobia, anche come effetto del clima politico, sono ancora molto diffusi nella società. I due principali terreni di lotta delle femministe di questo periodo sono la denuncia contro gli abusi sessuali, le violenze contro le donne e la questione della libertà sessuale, che viene fortemente dibattuta e crea divisioni tra le femministe della nuova generazione e quella della seconda ondata, che temono che il desiderio di liberazione sessuale delle donne rafforzi la loro subordinazione rendendole più vulnerabili allo sfruttamento maschile. Si diffondono inoltre diverse teorie riguardanti il genere e l’identità, emergono questioni legate alle conseguenze che hanno sulle donne gli ideali di bellezza irraggiungibili imposti dal marketing, e riemergono vecchie campagne, come quella per la diffusione dell’assistenza sanitaria per le donne afroamericane ed indigene negli Stati Uniti. Inoltre, viene analizzato in maniera più approfondita il concetto di “intersezionalità” coniato negli anni Ottanta: se il motto della seconda ondata era “la sorellanza è potente”, le femministe della terza si chiedono quali donne siano davvero incluse nella “sorellanza”, in un contesto in cui si stavano diffondendo sempre di più i contributi delle femministe postcoloniali. Verso la fine del primo decennio del XXI secolo si assiste a un boom dell’attivismo grazie alla crescente diffusione dei social media: è in questo periodo che i sociologi collocano l’inizio della quarta ondata.

La quarta ondata (2010-oggi)
La diffusione di internet, dei blog e dei social network è stata fondamentale nell’affermazione del femminismo della quarta ondata
Le femministe della quarta ondata sono perlopiù giovani donne cresciute in famiglie dove grazie alle lotte delle ondate precedenti vige una maggiore parità di genere, ma anche se nella società il linguaggio femminista è ormai affermato, l’uguaglianza tra i sessi auspicata non corrisponde all’esperienza di vita delle donne e le attiviste si stupiscono di dover ancora combattere per i loro diritti. Il contesto in cui quest’ultima ondata si è sviluppata è quello della grande crisi finanziaria del 2008, degli effetti che le politiche di austerità hanno avuto sulla popolazione, dell’esperienza della Primavera Araba del 2010 e del movimento statunitense Occupy Wall Street del 2011. La diffusione di internet, dei blog e dei social network è stata fondamentale nell’affermazione del femminismo della quarta ondata, avendo un forte impatto sulla crescita, la visibilità e la struttura del movimento, riunendo un pubblico diversificato e globale e mettendo in luce che il femminismo è ancora cruciale per le donne delle nuove generazioni. Ad esempio la diffusione degli “ashtag”, frasi riconoscibili precedute dal simbolo “#” che accorpano sui social network i post che trattano un determinato argomento, ha avuto un grande successo nel diffondere questioni riguardanti la giustizia sociale, la discriminazione e la violenza istituzionale nei confronti di fasce marginalizzate della popolazione (come #BlackLivesMatter e #SayHerName) e ha aumentato notevolmente la consapevolezza della diffusione degli abusi sessuali nei confronti delle donne (con il movimento #MeToo). Internet ha permesso di aumentare la visibilità di questi fenomeni permettendo alla società di prenderne coscienza.
Il femminismo contemporaneo nel contesto globalizzato
L’universale discriminazione nei confronti del genere femminile attraverso le epoche e le culture è quello contro cui le donne di tutto il mondo possono unirsi per lottare
Il femminismo oggi è costituito da una pluralità di movimenti di donne il cui comun denominatore è il fatto di aver preso coscienza, individualmente o collettivamente, della loro condizione di emarginazione ed alienazione nella società. Nel contesto globale, o meglio “globalizzato” ma non omogeneo e in continuo mutamento, le questioni legate al genere si intrecciano con le appartenenze etniche, culturali, di classe e con il luogo e il tempo storico in cui ogni donna cresce e vive, e sono inoltre interconnesse con quelle legate alla discriminazione razziale, economica e religiosa, alla convivenza di culture e identità eterogenee e al riconoscimento dei loro diritti. Questo determina all’interno del movimento, che unisce donne con esperienze molto diverse e dunque è caratterizzato da un alto livello di tensione talvolta conflittuale talvolta produttivo, una grande varietà di politiche, pratiche, prospettive, rivendicazioni e metodi di lotta. La liberazione della donna avviene tramite percorsi diversi perché i bisogni delle donne sono diversi.
Oggi è in atto un notevole sforzo di superamento delle due principali correnti di pensiero in conflitto tra loro presenti all’interno del movimento a livello internazionale: il relativismo culturale, diffuso tra le donne del sud del mondo, che mirano a salvaguardare la diversità culturale e vengono accusate di esclusivismo e particolarismo, e l’universalismo dei diritti portato avanti dalle teoriche liberali prevalentemente occidentali, che vengono accusate dalle relativiste di eurocentrismo e imperialismo.
Entrambe le correnti di pensiero, se estremizzate, presentano dei pericoli al loro interno per le donne stesse, primo tra tutti il fatto che creano divisioni dove invece potrebbe nascere un dialogo, uno scambio, poiché una valorizzazione delle differenze implica un valore aggiunto di produttività e ricchezza culturale. Fortunatamente oggi il dialogo tra le diverse correnti femministe è diventato sempre più produttivo e ha portato a scambi e passi avanti importanti nel panorama internazionale: le femministe hanno avviato un nuovo processo interconnettivo nel rispetto della pluralità e complessità dei femminismi per rendere giustizia e risposte adeguate rispetto alle differenze etniche, culturali e geopolitiche. È così emerso un nuovo femminismo “consapevole dell’intersezionalità delle differenze [che] nasce come volontà di superare l’univoca epistemologia femminista di origine occidentale che da sola non sarebbe in grado di cogliere le specificità culturali […].” (CAMPANI 2010) Oggi all’interno dei movimenti femminili si vuole evitare di riproporre lo stesso problema che si era combattuto: “creare un soggetto universale modellato sulle caratteristiche del gruppo dominante.” (CAMPANI 2010)

La discriminazione principale sta nel fatto che le donne non sono davvero trattate come destinatarie dei diritti, ma piuttosto come strumenti per i diritti e gli scopi altrui
Dal confronto tra le donne occidentali e quelle del Sud del mondo (reso possibile anche dalla globalizzazione dei mezzi di comunicazione e in particolare dalla rete) è emersa chiaramente la necessità di ridefinire cosa si intende per salvaguardia della libertà del corpo e dell’intelletto femminile, ma soprattutto è stato possibile definire la condizione che accomuna tutte le donne del mondo: la discriminazione principale sta nel fatto che le donne non sono davvero trattate come destinatarie dei diritti, ma piuttosto come strumenti per i diritti e gli scopi altrui. La disparità e la discriminazione sessuale sono elementi quasi endemici di tutte le società, dunque l’universale discriminazione nei confronti del genere femminile attraverso le epoche e le culture è quello contro cui le donne di tutto il mondo possono unirsi per lottare. “È forse nella parola libertà […] che si possono scorgere spazi di mediazione e convergenze delle ormai decennali polarizzazioni in ambito femminista.” (CAMPANI 2010)
Fonti bibliografiche:
- CAMPANI G., Genere e globalizzazione, edizioni ETS, Pisa, 2010
- MANGAN L. et al., Il libro del femminismo, Grandi idee spiegate in modo semplice, Gribaudo, Milano, 2019
- MIES M., Patriarchy and accumulation on a world scale, Zed Books Ltd, Londra, 2014
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