Il ruolo delle donne del terzo mondo nella nuova divisione internazionale del lavoro
- Marta Regattin
- 10 nov 2020
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 12 feb 2021
Prima di parlarvi nello specifico della posizione delle donne all’interno della strategia della NDIL, vi ricordo cos’è la NDIL e faccio una breve riflessione sul concetto di SVILUPPO, fondamentale per comprendere la strategia di “integrazione delle donne del terzo mondo nello sviluppo”.
La NUOVA DIVISIONE INTERNAZIONALE DEL LAVORO si basa:
· da un lato sulla modernizzazione e la commercializzazione dell’agricoltura e di altri processi di sfruttamento delle risorse naturali attraverso privatizzazioni, espropri e l’introduzione di nuove tecnologie nei paesi cd. in via di sviluppo o del terzo mondo (le vecchie colonie), in modo che possano produrre per l’esportazione verso i paesi ricchi;
· dall’altro sulla ricollocazione, da parte delle compagnie multinazionali, di una parte delle proprie attività industriali nei paesi in via di sviluppo attraverso lo stabilimento di Free Trade o Free Production Zones (zone di libero scambio), zone industriali esenti da ogni regolamento dove si producono beni di consumo di massa a basso costo per l’esportazione verso i paesi occidentali.

UNA RIFLESSIONE SULLA CONCEZIONE DI “SVILUPPO”
Lo “sviluppo” è inteso come nuovo modello di progresso post-coloniale basato sull’esempio occidentale
La via dello sviluppo, in particolare “l’integrazione delle donne nel processo di sviluppo dominante” è sviluppo per alcuni e sottosviluppo per molti, argomentano le donne nella “Dichiarazione della convenzione nazionale delle donne indiane” per la Conferenza di Pechino nel 1995.
Lo “sviluppo”, inteso come aumento del benessere collettivo, avrebbe dovuto essere un nuovo modello di progresso post-coloniale basato sull’esempio occidentale, considerato, con le sue categorie economiche dei bisogni, della produttività e della crescita, il migliore per tutti. Quest'idea di sviluppo presto però si concretizza, per i paesi del terzo mondo, in qualcosa di molto lontano dalle aspettative: la continuazione del processo di colonizzazione, ovvero, come scrive Vandana Shiva nel suo libro “Sopravvivere allo sviluppo”:
“un’estensione del progetto di creazione di ricchezza nella moderna visione economica patriarcale dell’Ovest, fondata sullo sfruttamento e l’esclusione delle donne (occidentali e non occidentali), [...] della natura, e [...] delle altre culture.”
PRIMA UN PO’ DI DATI
Nelle Free Trade Zones nel Sud-est asiatico, in Africa e in America Latina, più del 70 percento della forza lavoro è femminile
Due terzi del lavoro nel mondo è svolto da donne che ricevono in cambio solo il 10 percento dell’ammontare del reddito. Nelle Free Trade Zones nel Sud-est asiatico, in Africa e in America Latina, più del 70 percento della forza lavoro è femminile, di cui la maggior parte sono giovani donne tra i 14 e i 24 anni che lavorano in fabbriche dove la maggior parte dei supervisori sono uomini.

Lavoratrici e lavoratori in una fabbrica tessile a Bangalore, in India
A questi dati bisogna aggiungere le donne che lavorano nel settore agro-alimentare volto all’esportazione, nel settore informale, a casa, nel lavoro a domicilio, nell’agricoltura e nelle piantagioni (in Asia e Africa soprattutto).
“Oggi il rapporto forza-lavoro/capitale è quello di ‘usa e getta’, quanto più lavoro possibile al minor costo possibile – e la maggioranza di questa forza-lavoro super sfruttata è femminile – attraverso una gestione mirata della competizione in un mercato del lavoro senza regole.” (COTONE A. e SPANO C., Donne a Sud, edizione della battaglia, Palermo, 1999).
L’INTEGRAZIONE DELLE DONNE NELLO SVILUPPO
Nell'integrazione delle donne del terzo mondo nel mercato del lavoro mondiale giocano un ruolo fondamentale i programmi promossi da varie organizzazioni internazionali sotto il nome di “integrazione delle donne nello sviluppo”
Le donne del terzo mondo sono integrate nel mercato del lavoro mondiale in quattro settori principali:
1. l’industria manifatturiera su larga scala, ovvero elettronica, tessile, o nella produzione di giocattoli;
2. la manifattura su piccola scala, che riguarda la produzione di alimenti, vestiti, oggetti d’arte, o prodotti normalmente senza un valore di scambio in quei paesi me che lo acquistano su un mercato esterno;
3. l’agricoltura, nella produzione su larga scala o in piccole unità contadine o cooperative che producono entrambe per l’esportazione;
4. nei servizi, in particolare al servizio degli europei, americani e giapponesi, nel turismo o nell’industria del sesso, soprattutto in Africa e Asia.
In questa integrazione giocano un ruolo fondamentale i programmi promossi da varie organizzazioni internazionali sotto il nome di “integrazione delle donne nello sviluppo”. Integrare le donne nello sviluppo significa farle lavorare in una qualche attività che genera reddito, ovvero entrare nella produzione orientata al mercato: reddito in questa strategia significa reddito monetario (non produzione di sussistenza, controllo sulle terre, produzione per il proprio consumo, più cibo e vestiti per loro stesse, etc.), e il reddito monetario è possibile solo se le donne producono qualcosa che può essere venduto nel mercato.
Le povere donne del terzo mondo non producono quello di cui hanno bisogno, ma quello che altri possono comprare
Siccome il potere d’acquisto delle donne del terzo mondo è basso, devono produrre qualcosa per la gente che ha questo potere d’acquisto, ovvero chi vive nelle città dei loro paesi o i paesi ricchi. Questo significa che le povere donne del terzo mondo sono integrate nel mercato per l’esportazione, non producono quello di cui hanno bisogno, ma quello che altri possono comprare. Infatti, gran parte del lavoro femminile nel terzo mondo è impiegato nella produzione di beni per il mercato dei paesi ricchi.

Questa vignetta illustra come cambia la vita di una donna integrata nel mercato del lavoro in una free-trade zone in India: sfruttamento, paghe da fame, assenza di libertà
LE DONNE DEL TERZO MONDO SOLO LA FORZA LAVORO IDEALE. PERCHE'?
L’integrazione delle donne del terzo mondo nel mercato mondiale è avvenuta perché il capitale internazionale le considera la forza lavoro più docile, manipolabile e allo stesso tempo altamente produttiva. Hanno più energie, sono più disciplinabili e controllabili.
Ora vi spiego perchè.
Una caratteristica della strategia messa in atto con la nuova divisione internazionale del lavoro è quella di definire le donne del terzo mondo non come lavoratrici, ma come casalinghe, e definire quello che fanno non come lavoro, ma come un’attività.
“Definendo le donne come casalinghe, […] è possibile […] guadagnare un controllo politico e ideologico su di loro, poiché sono isolate e l’organizzazione del loro lavoro rende difficile la crescita di consapevolezza rispetto ai loro interessi comuni e all’intero processo produttivo. Il loro orizzonte rimane limitato alla famiglia.” scrive Maria Mies.
In questo modo è possibile definire tutto il lavoro delle donne, che sia svolto nel settore formale o informale, come lavoro supplementare o reddito supplementare a quello del marito. In pratica il loro lavoro è oscurato e appare come un’attività che genera reddito e può essere acquistata ad un prezzo minore rispetto al lavoro maschile: la conseguenza economica è una tremenda riduzione del costo del lavoro.
La nuova strategia di oscuramento del lavoro produttivo delle donne per il capitale è diffusa con lo slogan di “flessibilizzazione del lavoro”, e ha creato una categoria di lavoratrici marginalizzate, sfruttate e non libere.
Nella dichiarazione finale del 1998 dell’Incontro Internazionale di Solidarietà tra Donne a Cuba, le donne scrivono:
"dichiariamo che le donne sono oggi le più povere tra i poveri. Infatti, a causa del ruolo tradizionale di produttrici invisibili di valori nel ristretto circolo del focolare, nel tempo del neoliberismo, ci convertiamo in amministratrici della povertà in un mondo pieno di ricchezza, siamo chiamate a fare lo stesso all’interno della comunità […]. Continuiamo a garantire la riproduzione della forza-lavoro e, allo stesso tempo, veniamo trasformate in molle per attenuare gli effetti della crisi […]."

Lavoratrici del settore tessile tornano a casa alla fine di una giornata di lavoro
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Fonti bibliografiche:
- COTONE A. e SPANO C., Donne a Sud, edizione della battaglia, Palermo, 1999
- “Dichiarazione della convenzione nazionale delle donne indiane” per la Conferenza di Pechino, 1995
- “Incontro internazionale di solidarietà tra donne a Cuba - dichiarazione finale”, 1998
- MIES M., Patriarchy and accumulation on a world scale, Zed Books Ltd, Londra, 2014
- SHIVA V., Sopravvivere allo sviluppo, ISEDI Petrini editore, Torino, 1990
- UN Conference on women, Copenaghen, 1980
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